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dei liberi pensatori

di Carmen Palazolo

Il 9 maggio di ogni anno si ricordano le vittime del terrorismo, che ha funestato per un ventennio l’Italia. La giornata è stata scelta perché il 9 maggio di 45 anni fa, cinquantacinque giorni dopo il suo sequestro, le Brigate Rosse uccisero Aldo Moro.
Erano passate da poco le ore 9:00 del mattino quando, in via Mario Fani, a Roma, un commando delle Brigate Rosse sequestrava il presidente della DC, Aldo Moro e uccideva le sue cinque guardie del corpo: Raffaele Iozzino, Oreste Leonardi, Domenico Ricci, Giulio Rivera e Francesco Zizzi. Dopo una prigionia di 55 giorni, durante la quale le Brigate Rosse richiesero invano uno scambio di prigionieri con lo Stato italiano, Moro fu sottoposto a un processo politico da parte del cosiddetto «tribunale del popolo», istituito dalle stesse BR, e quindi ucciso il 9 maggio. Il suo cadavere fu ritrovato quello stesso giorno nel bagagliaio di una Renault 4 rossa parcheggiata a Roma in via Michelangelo Caetani.

Subito dopo il rapimento di Moro scattarono i blocchi stradali. La macchina dei rapitori fu trovata pochi minuti dopo non lontano dal luogo del rapimento. Appresa la notizia, operai, studenti, cittadini in tutta Italia scesero in sciopero e diedero vita a manifestazioni in risposta agli appelli dei partiti e del sindacato a mobilitarsi contro il terrorismo. Tutti i giornali escirono in edizione straordinaria annunciando e condannando il sequestro del presidente della DC e l'uccisione della sua scorta.

Si può dire che questo gesto fu il culminante del terrorismo, ma esso non fu purtroppo l’unico di quel terribile periodo.
350 morti e più di 1000 feriti costituiscono il triste bilancio dell’accaduto che noi anziani, che abbiamo memoria di questi eventi, raccontiamo ai giovani perché fatti del genere non accadano più, benché consapevoli del fatto che ciò non è finora mai avvenuto e che i posteri non imparano nulla dagli eventi del passato.

Le radici di questo capitolo sanguinoso della storia italiana vanno rintracciate oltre cinquant’anni fa, in quel 1968 che, scosso dalla nascita delle rivolte studentesche e operaie e dai violenti scontri di piazza, vide formarsi le prime profonde fratture negli equilibri politici del paese. Da lì fu un crescendo di attentati volti ad alimentare la paura collettiva che culminarono, il 12 dicembre del 1969, nella drammatica strage di piazza Fontana.

Era un venerdì, quel 12 dicembre 1969, e la sede della Banca Nazionale dell’Agricoltura in piazza Fontana a Milano, era piena di clienti venuti soprattutto dalla provincia; alle 16:30, mentre gli altri istituti di credito chiudevano, all'interno della filiale c'erano ancora molte persone. Erano le 16:37 quando, nel grande salone dal tetto a cupola, scoppiò un ordigno contenente 7 chili di tritolo, uccidendo 17 persone, 13 delle quali morirono sul colpo e 87 furono ferite; la diciassettesima vittima morì un anno dopo per problemi di salute legati all'esplosione.
Ma una cosa che non si sapeva ancora era che quello non era che l’inizio. Giovanni Bianconi nel suo volume Terrorismo italiano edito da Treccani ripercorre i momenti salienti di questo tragico fenomeno della nostra storia, che sono la strage di piazza della Loggia a Brescia, quella di Peteano, alla questura di Milano, l’Italicus, gli intrecci tra eversione nera e apparati istituzionali, la nascita delle Brigate Rosse e i sanguinosi agguati che seguirono, il rapimento e l’omicidio di Aldo Moro, le uccisioni di agenti di polizia e magistrati, fino alla dissoluzione degli ultimi gruppi armati alla fine degli anni Ottanta, caratterizzato da estremismi e contraddizioni con cui si è ritrovato a fare i conti l’ex terrorista Cesare Battisti, rinchiuso dal 2019 nel carcere di Oristano e costretto ad ammettere che quello di cui fece parte fu «un movimento disastroso, che ha stroncato una rivoluzione culturale e sociale che aveva preso avvio nel 1968». Noi non approfondiremo tutto ciò rinviando gli interessati alla lettura del volume citato.

Il terrorismo di diversa matrice fallì nei propri obiettivi e furono sconfitti i gruppi di estrema sinistra, di matrice in genere marxista-leninista, che videro sfumare la loro intenzione di sovvertire l'ordinamento statale attraverso la lotta armata.
Furono sconfitti anche i gruppi di estrema destra, che a loro volta intendevano cambiare «la formula politica che per un venticinquennio ci aveva governato» terrorizzando l'opinione pubblica al fine di dimostrare l'incapacità della democrazia a governare l'ordine pubblico e l'esigenza di instaurare un regime autoritario.

L’Italia ha saputo uscire da tutto ciò e non possiamo che augurarci che cose del genere non accadano più.

 

 

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