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Οδός (Odòs) è la parola greca che significa strada, via, cammino ed indica la nostra voglia di andare ed esplorare. Da essa derivano molti termini nella nostra lingua, come ad esempio anodo e catodo, sinodo, periodo, metodo e, non a caso, esodo.
Le nostre radici sono in Istria, a Fiume, in Dalmazia e non, ma tutti noi, perfettamente integrati nell'ambiente in cui risiediamo, in Italia o altrove, viviamo nel presente e desideriamo approfondire la conoscenza della storia e delle tradizioni delle nostre terre d'origine e diffonderle senza trascurare l'attenzione agli eventi contemporanei del mondo intero e con lo sguardo rivolto all'avvenire, in particolare dell'Europa.
Carmen Palazzolo
La simpatica poesia beneaugurale in dialetto di Giuseppe “Jose” Brondnik mi sembra un buon modo per inaugurare la “stagione letteraria 2021” di odos.
Joze Brodnik era uno studente di uno dei collegi per i ragazzi profughi sparsi per l’Italia. Molti di loro hanno mantenuto i contatti fra loro, anche grazie alla mediazione del periodico “La Caravella”, come il giornalino del loro istituto, e ora diretto, redatto, spedito e quant’altro necessario dal bravo Furio Dorini.
RICEVIAMO QUESTO GRADITO MESSAGGIO IN RICORDO DI QUANTO AVVENUTO IL 15 FEBBRAIO DI QUEST’ANNO, LA DEPOSIZIONE DELLE SPOGLIE DEL SENATORE RICCARDO GIGANTE E SINDACO DI FIUME, COME ERA AUSPICIO DEL VATE – PRESSO DI LUI AL VITTORIALE – I SUOI I RESTI SONO STATI INDIVIDUATI VICINO AL LUOGO – RIMASTO IGNOTO PER TANTI ANNI – DOVE ERA STATO TRUCIDATO ASSIEME AD ALTRI ITALIANI IL 4 MAGGIO 1945.
UN RICORDO FIUMANO E ITALIANO!
di Carmen Palazzolo
Da qualche tempo seguo assiduamente sul canale TV 7 “Otto e mezzo”, il programma di interviste a uomini politici, scienziati, giornalisti, scrittori e altri, esperti e non, condotto con ferma gentilezza da Lilli Gruber appunto, alle ore 20:30.
Ne ho dedotto che in Italia abbiamo mille morti ogni milione di abitanti a causa dell’infezione da covid-19, il numero più alto in Europa, superato solo dal Belgio, che di morti per milione di abitanti ne ha mille e cinquecento mentre la Germania ne ha solo trecento.
di Giorgio Ledovini
Il nuovo conflitto tra Armeni ed Azeri nel Nagorno Karabakh (Artsakh) pone, come in tutti i casi analoghi nel mondo, interrogativi e considerazioni che quasi sempre rimangono purtroppo fini a se stessi.
Il problema nasce anzitutto da una situazione di distribuzione etnica territoriale molto complessa frutto delle invasioni dell'area nella storia e delle varie dominazioni che esse hanno prodotto. Il territorio abitato dalle popolazioni armene, che nel primo secolo a.C. risultava molto vasto, poiché toccava il Mediterraneo Orientale, il Mar Caspio ed il Mar Nero, è oggi, dopo varie invasioni esterne, pogrom, conversioni di massa all'Islam, e non ultimo il genocidio armeno da parte dei Turchi del 1914, spezzettato in varie aree. Il Nagorno Karabakh risulta così un'enclave a larga maggioranza armena in territorio azero. Ciò è avvenuto per la suddivisione statale della zona nei primi anni venti del '900, della quale sono responsabili sia le nazioni vincitrici della prima guerra mondiale che la Russia Sovietica, ultima dominatrice dell'area transcaucasica.
di Carmen Palazzolo
È dal 27 settembre di questo 2020 che si sente parlare di scontri fra Armenia e Azerbaijan, due Stati situati all’estremità sud-orientale dell’Europa. “Pesanti combattimenti – si legge su La Repubblica - sono scoppiati domenica mattina tra le forze azere e quelle del territorio separatista, che è sostenuto dall'Armenia. Ci sono vittime, sia militari che civili, anche se non c'è un bilancio complessivo: almeno 16 separatisti del Nagorno-Karabach sono rimasti uccisi e 100 feriti… mentre il presidente dell'Azerbaigian ha parlato di vittime militari e civili senza fornire numeri. Non è chiaro cosa abbia scatenato i combattimenti… L'Armenia accusa l'Azerbaigian di avere lanciato attacchi aerei e con artiglieria nell'ambito di una ‘aggressione pre-pianificata’ e sostiene di avere abbattuto elicotteri e distrutto tank. L'Azerbaigian, dal canto suo, sostiene di avere subito un bombardamento e che la sua sia stata una controffensiva, negando la distruzione di suoi carri armati… “ Le immagini mostrano edifici lesionati e crollati, macerie, voragini per la strada, linee elettriche interrotte, tubature dell’acqua saltate che fanno pensare a persone ferite e morte e vive senza casa, al buio, senza acqua e luce e terrorizzate, in fuga, che non sanno più dove possono trovare rifugio, perché sono i civili che nelle guerre di oggi patiscono più dei combattenti. È un paese lontano da noi e perciò le sue vicende non ci interessano e nei nostri quotidiani se ne parla poco o nulla e ciò da un certo punto di vista è anche strano perché ci commuoviamo e inorridiamo di fronte ad eccidi vicini a casa nostra ma non ci sentiamo toccati da quelli che accadono lontani da noi. Non sono persone sia quelle vicine che quelle lontane?
di Carmen Palazzolo
Fino a qualche mese fa io non conoscevo neppure l’esistenza dell'Amministratore di sostegno, poi un importante problema familiare mi ha fatto scoprire l’esistenza e il ruolo di questa figura.
E quando, sul quotidiano Il Piccolo del 1° ottobre, ho letto che a Trieste si pensa addirittura di aprire uno sportello di consulenza per gli Amministratori di sostegno – in realtà già aperto – ho pensato di scriverne anch’io per i nostri lettori sparsi per il mondo. A Trieste – scrive il giornalista Massimo Greco – gli Amministratori di sostegno sono “quasi” 2.300. Non capisco cosa significa quel quasi, forse vuol dire che sono poco meno di 2.300, numero che sta comunque ad indicare che in questa città di 200.000 abitanti ci sono almeno 2.300 persone bisognose di aiuto e anche più perché ognuno di essi può assistere anche più di una persona.
Una realtà poco nota è quella osservata da Anna Piccioni durante il suo viaggio in Palestina di qualche mese fa che, dopo molte esitazioni, riteniamo sia giusto far conoscere.
di Carmen Palazzolo
Il castello Morosini-Grimani è un’imponente struttura tardo-medioevale, con accentuate caratteristiche rinascimentali, che sorge nel centro di Sanvincenti, un paese nel centro dell’Istria, che conta oggi poco più di 2000 abitanti. Esso prende il nome da quello delle due famiglie che hanno avuto la signoria del luogo e l’hanno abitato per ultime.
Si tratta di un maniero di forma quadrangolare con ai lati del muro settentrionale due torri circolari e sulla parete sud-orientale una torre quadrata. La parte sud-occidentale della rocca era adibita ad abitazione. Il tutto era circondato da mura difensive. L'entrata principale della rocca si trova sulla facciata meridionale ed in passato vi si poteva accedere attraverso un ponte mobile. Sopra all'entrata ci sono delle lastre sulle quali sono riportati gli anni di costruzione e di restauro dell'edificio: 1485 e 1589.
di Giorgio Ledovini
Recentemente si è tenuto a Trieste un convegno di studi sull' Acquedotto Istriano, organizzato dall'Associazione delle Comunità Istriane, cui hanno partecipato studiosi residenti in Istria.
Non intendo fare con questo scritto tanto una recensione del convegno, forse un po' sottotono rispetto a quello che l'argomento poteva offrire, quanto cogliere l'opportunità di fare una piccola relazione su quest'opera che mi ha sempre affascinato, sia per le sue caratteristiche tecniche che per l'importanza che ha avuto nella storia dell'Istria del secolo scorso. Essa è sicuramente la più importante fatta dall'Italia in Istria tra le due guerre mondiali, poiché non era volta solamente al soddisfacimento di un'esigenza primaria della popolazione, ma anche a dare linfa vitale per lo sviluppo economico del territorio, principalmente nel campo agricolo.
(Foiba di Villa Surani 4/5 ottobre 1943)
Di Patrizia Lucchi Vedaldi
Saggio pubblicato - con il Patrocinio della Società Dalmata di Storia Patria-Venezia - nel n. 8 dei "Quaderni di Opinioni Nuove Notizie", a cura dal prof. Sandro Gherro.
Prima di iniziare la presentazione, ricordo che quest’anno si celebra il centenario della nascita di Norma Cossetto e che proprio in questi giorni il Comitato Dieci Febbraio ne onora il settantasettesimo della morte con un’iniziativa che vede una partecipazione nazionale e internazionale intitolata ‘Una rosa per Norma’.
L’‘Associazione civica Lido Pellestrina’ intendeva aderire, ma le troppo recenti elezioni comunali non hanno consentito di coinvolgere la nuova Amministrazione.
Come Associazione lo abbiamo fatto in forma privata, postando oggi 5 ottobre su You Tube la presentazione, nel rispetto del distanziamento sociale dovuto alle disposizioni atte a combattere il coronavirus.
di Carmen Palazzolo
Il 25 novembre di questo infausto 2020, rattristato dall’emergenza delle infezioni dal covid-19, si è veramente molto parlato alla televisione e scritto sui giornali della violenza sulle donne anche perché dai dati statistici risulta che il forzato isolamento o semi-isolamento indotto dalla succitata infezione ha aumento le violenze domestiche.
dell’Università di Trieste fra i dieci migliori ricercatori del mondo
articolo di Carmen Palazzolo
E’ un onore per lei ma anche per la città avere fra i suoi docenti uno dei migliori ricercatori del mondo. Conosco personalmente Maria Chiara, che presento spesso come la mia quarta figlia; sono in contatto con lei da tanti anni ed ho perciò seguito la sua carriera in costante ascesa grazie alla sua tenacia fino al raggiungimento del livello di professore ordinario di Psicologia dello Sviluppo e Psicologia dell’Educazione, il massimo della carriera universitaria. Conosco pure il suo costante grande impegno nell’insegnamento e nella ricerca che è stato ricco di riconoscimenti e soddisfazioni ma l’ha pure indotta a un lavoro indefesso e sfiancante, sempre svolto con grande senso del dovere.
di Luciana Melon
Il 24 maggio ricorre la festa di San Servolo, patrono di Buie d'Istria. La storia del Santo credo la conoscano tutti, ma forse non tutti sanno chi fosse un figlio di Buie che fu battezzato con il suo nome e che si distinse nel mondo per la sua bravura. Sto parlando di Ernesto Servolo Vidal e quella che si vede è la targa commemorativa che fu posta sul muro della sua casa in via Gramsci, nella Buie storica, scendendo dalla piazza del Duomo intitolato a San Servolo: la dicitura è riportata in quattro lingue (croato, italiano, inglese e tedesco) ed è giusto che sia così perché Vidal fu un uomo davvero cosmopolita se nella sua vita ebbe ben tre cittadinanze (italiana, argentina ed uruguaiana).
di Silva Bon
E subito si pone, forte e impellente la domanda: chi era il console Skarpas? Cosa sappiamo di lui?
Le poche informazioni raccolte parlano di una quasi “doppia identità”: infatti Skarpas si firmava Loudovikos Skàrpas quando scriveva in greco, Luigi Scarpas o Scarpa quando usava i caratteri latini. Particolare non secondario, che ha creato una questione di omonimia, quando mi sono rivolta ai funzionari dell’Archivio Centrale dello Stato di Roma, per trovare ulteriore documentazione sul personaggio in questione. È esistito infatti un omonimo Luigi Scarpa, nato nella regione italiana dell’Abruzzo, che ha fatto carriera negli anni del regime fascista, pur aderendo in gioventù a ideali socialisti: anche lui raggiunge, all’interno della carriera diplomatica, il titolo di console. Ma questa si è rivelata fin da subito una falsa e impossibile pista di ricerca.
di Luciana Melon (disegno di Livio Rosignano)
Natale, la più bella festa dell'anno: fintanto che si ha la famiglia intorno, potrebbe rispondere qualcuno. Ed è vero.
Adesso che i miei sono tutti morti, vivo questa festa per mia figlia e mio nipote, e sento che sono diventata come mia nonna. E siccome io adoravo mia nonna e la rimpiango ancora oggi, le ho dedicato una poesia per la sua festa prediletta, la prima che ho trascorso senza di lei.
di Anna Piccioni
Di norma sento la necessità di scrivere su un romanzo che mi ha particolarmente colpito per i contenuti, per i personaggi, per la storia insomma che mi ha coinvolto emotivamente e anche razionalmente. Questa volta scrivo su un romanzo che fin dall'inizio avrei volentieri lasciato perdere: ma continuare la lettura è stata una vera e propria sfida. Non so se mi è piaciuto o meno, so solo che a volte ho provato fastidio, anzi mi ha letteralmente indisposto; ma in fondo anche questa è una reazione positiva: non è detto che sempre troviamo scrittori o scrittrici che assecondano il nostro modo di leggere.
Il 14 settembre si ricorda la data della morte, nel 1321, di Dante Alighieri, che Luciana Melon celebra con l'interessante scritto che segue.
di Luciana Melon
C'è un interessante articolo di Francesco Semi che riguarda il soggiorno di Dante in Istria: lo troviamo in Pagine Istriane, Anno X, n. 38 dicembre 1959, pagg.22-28.
Partendo da considerazioni storiche e citando documenti riguardanti gli anni intorno al 1308, troviamo la lista delle città o cittadine che all'epoca contavano di più: leggiamo a pag. 22: “ ... Trieste, libero comune dal 1295; Capodistria, già libero comune, sottomessasi a Venezia nel 1278 (le si ribellerà nel 1348); capoluogo della provincia veneta dell'Istria, denominata nei documenti con l'antico nome di Giustinopoli; Pirano, datasi a Venezia nel 1271; Parenzo, datasi a Venezia nel 1267, prima fra le cittadine della costa adriatica orientale; Pola, già libero comune, dal 1305 sotto la signoria della famiglia Sergi-Castropola fino al 24 maggio 1331, poi sotto Venezia.”.
Recensione di Carmen Palazzolo
La lettura, e soprattutto l’interpretazione e cioè il significato di un libro è – a mio avviso – personale e variabile, nel senso che può essere diversa ad ogni eventuale rilettura.
Il significato che ho dato io a Maria e le altre ora è di una serie di quadretti di vita istriana riguardanti, alcuni l’atmosfera e l’accaduto nei paesi della penisola all’inizio dell’occupazione jugoslava, altri descriventi prettamente le usanze dei suoi paesi. Appartengono alla prima categoria La coriera, Lo straniero, Maria e le altre, Noemi, che descrivono la situazione di miseria e paura diffusa tra la gente alla fine della Seconda Guerra Mondiale dopo l’arrivo degli occupatori titini a cui si contrappone la violenza di alcuni caporioni paesani, simpatizzanti degli invasori. Alla situazione ognuno reagiva a suo modo: c’era chi sopportava, chi subiva, chi reagiva, chi restava e chi andava a Trieste, in Italia e poi magari in America o in Australia.
di Carmen Palazzolo
Dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale e il suo strascico di eccidi, il cosiddetto Mondo Occidentale è in pace ma ciò non significa che ci sia pace ovunque nel mondo. Anzi, secondo il sito documentazione.info sono ben 25 i Paesi d’Africa, Asia ma anche America del Sud in cui infierisce tuttora la guerra. Fra questi, come ci perviene da un gruppo di donne ricamatrici di Ramallah (Palestina), c’è, appunto, la Palestina. Qui il conflitto, che affonda le sue radici nel secondo dopoguerra quando, il 14 maggio 1948, Ben Gurion dichiarò l'indipendenza di Israele, dopo la decisione delle Nazioni Unite di dividere la Palestina in uno Stato arabo e in uno Stato ebraico, sembra aver avuto una recrudescenza dopo che, qualche mese fa, i media internazionali hanno annunciato una dichiarazione congiunta dell’Amministrazione Americana di Trump e di quella Israeliana di Netanyahu del cosiddetto “Piano di pace per il Medio Oriente”.
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