di Giorgio Ledovini
Ci sono personalità uscite dal nostro "piccolo mondo antico" che rimangono semisconosciute nonostante il loro valore, poichè non hanno avuto l'onore di una certa visibilità nella nostra memoria. Con questo scritto mi permetto di tratteggiare brevemente una di queste personalità
Carlo Ravnich è nato ad Albona,in Istria, nel 1903. Dopo aver lavorato,prima del servizio di leva ,nelle miniere d'Arsia, ha scelto la carriera militare.
Raggiunto il grado di ufficiale del 1.o reggimento di artiglieria alpina, ha combattuto su vari fronti (Africa Orientale Italiana, Albania, Francia e Jugoslavia). Il 8 settembre del 1943 era capitano del Gruppo di Artiglieria Alpina "Aosta" in Montenegro. Diversamente da quello che è successo per la gran parte dei reparti dell'Esercito Italiano in questa triste data,che si sono sbandati, egli mantenne il gruppo su base volontaria ,costituendosi in brigata partigiana. Nel dicembre del 1943 questa brigata, assieme a militari della Divisione di fanteria "Venezia" e della Divisione alpina "Taurinense", formò la Divisione partigiana "Garibaldi" che operò,d'accordo con il Governo del Sud Italia, a fianco dei partigiani di Tito. La resistenza jugoslava non poteva accettare questa divisione resistenziale autonoma al proprio fianco,senza porre uno stretto controllo tramite commissari politici di propria fede nella divisione stessa. Questa operazione tuttavia fallì perchè Ravnich, nel frattempo nominato colonnello dal Governo del Sud, seppe mantenere l'integrità disciplinare della Divisione,oltre che un orientamento politico non comunista. Inoltre egli operò sul campo efficacemente, meritandosi delle onorificenze anche dagli Jugoslavi e l'erezione nella zona di operazioni di un monumento in ricordo della Divisione italiana. Dette onorificenze sono state successivamente restituite a Tito quando questo monumento è stato oltraggiato da fobia nazionalista slava.
Questa interessante figura di rilievo (dopo la guerra Carlo Ravnich raggiunse il grado di Generale) può rappresentare l'opportunità di fare qualche riflessione sulla guerra condotta dall'Italia, sul grado di convincimento delle truppe,sulla gestione delle forze in campo sui vari dopo il 8 settembre del 1943,ecc. Collegandomi in particolare con la recente mostra sull'occupazione italiana dei Balcani, organizzata dal prof.Pupo ed altri, oggetto anche di molte lettere sul giornale "Il Piccolo",ritengo che questa personalità che ha saputo fare una scelta ed operare in condizioni ambientali,umane e politiche molto difficili (ben più di quelle che ha incontrato chi si è dato alla macchia nel Centro e Nord Italia) rappresenti una di quelle "poche luci" dell'Esercito Italiano in Balcania cui ha fatto cenno il prof. Pupo nel discorso di inaugurazione della mostra. Si potrebbe inoltre pensare, sulla base di questo esempio, che forse il Governo Italiano avrebbe potuto gestire meglio le varie forze nella fase dell'armistizio ed il passaggio con i nuovi alleati, tenendo conto che avrebbe potuto essere riscontrabile tra le forze sul campo un terreno fertile per questa operazione e quindi evitare lo sbandamento di tante unità. C'è poi da sottolineare che questo esempio non viene sufficientemente valorizzato nella memorialistica resistenziale, probabilmente perchè non è allineato con il timbro ideologico che ha sempre caratterizzato la commemorazione di questo processo storico. Ciò rappresenta uno sbilanciamento dei valori culturali estratti dalla nostra storia che mal si addice ad una equilibrata formazione delle future generazioni.