Un racconto di Patrizia Lucchi Vedaldi già pubblicato in una antologia di racconti/ricordi sul Lido di Venezia.
L'esavio è un incrocio di 6 strade che si trova proprio vicino a casa mia (io ad oggi vivo li).
Sono al centro dell’esavio che intreccia tratti di via Pietro Orseolo, via Smirne, via Tiro, via Aquileia. Chiudo gli occhi e li rivedo com’erano negli anni 50/60, anche se a volte il ricordo si offusca, le immagini si accavallano e la memoria di bambina si intreccia con quella di ragazza. Davanti a me sulla destra c’è il baracchino di frutta e verdura di Pompeo Rondana, pavimentato con piastrelle bianche e azzurre ad oggi lì. Quasi all’angolo opposto, confinante con il panificio di Baccalin, c’è la latteria di Cesare Favaretto, a seguire la macelleria di Bruno. Mio padre li chiama ‘il triumvirato’, Pompeo, Cesare e Bruno al posto di Crasso. Strano triunvirato, Rondana è un tipo ciarliero, Cesare piuttosto silente, Bruno affabile ma concreto, con la matita dietro all’orecchio pronto a scrivere il conto. La bottega di Cesare è piccolina, lunga e stretta, ma piena di leccornie. Nei grandi vasi di vetro con coperchio reso quasi ermetico da una specie di colla stanno in bella mostra le caramelle sfuse ed è lì che io punto sempre il dito. All’interno del negozio di Bruno, invece, l’odore acre del sangue della carne è nauseabondo, così sto fuori e guardo il mondo che gira attorno. La vita sull’esavio è particolarmente animata. A destra, dopo il biavarol confinante con Bruno, si entra in piena via Smirne che finisce con il muro di cinta di un ex cinema che non ho mai visto in funzione. Immagino il gobbo girare la manovella, che film c’è oggi in cartellone? Provo a spiare attraverso un varco, ma affiorano solo erbacce.
Passato il ponte di legno sulla sponda sinistra del canale è attraccata la barca della Carla che vende pesce. Quando arriva mio nonno Eugenio, se Carla non è certa della freschezza, prima ancora che lui parli lo blocca: “No gavemo pesse ogi capitano”. Le cassette in bella mostra sulla coperta del barcone ne sono tuttavia colme, così la gente si volta a guardarlo allibita. Lui scivola via senza un cenno. Non si imbroglia sulla freschezza del pesce un lussignano, e Carla lo sa bene. Attraversata la stradina, scesi pochi scalini si entra nell’antro dei contrabbandieri. Sono marito e moglie, vendono ‘le pelli’, le stecche di sigarette gettate in mare da navi compiacenti ben avvolte nella plastica. Curioso, a tratti sono soci, a tratti si denunciano reciprocamente così mentre l‘uno è in prigione, l’atra fa affari per proprio conto, e viceversa. Poi tornano ad essere soci.
Circa a metà della riva destra dentro a un cortile è ospitata una piccola officina, il titolare è un sorridente mago dei motori. Sull’angolo Casa Auxilium è gestita dalle suore di don Bosco. Li durante la settimana si frequenta il catechismo, mentre la domenica pomeriggio si va a giocare e a comperare i potaci (liquirizie, castagnaccio, gelati di zucchero …). Con 150 lire mi viene una bella scorta di dolcetti, ma mia sorella è più grande perciò la sua paghetta è di lire 200, che invidia, non vedo l’ora di diventare grande anche io. Prima di lasciarci andare la madre superiora lancia caramelle dalla finestra e tutte noi ci tuffiamo per arraffarle. Il premio finale è un biglietto gratis per il cinema Mignon, dove di solito proiettano western e i maschi lanciano in aria i loro berretti all’arrivo dei nostri.
Passato il ponte, andando dritti, si entra in via Negroponte dove le tappe d’obbligo sono Rino il calzolaio, la merceria della Paggiaro e il negozio di casalinghi dei Longega, sul cui retro, con accesso da via Perasto, il figlio Bepin gestisce un negozio di dischi. Per incentivare le vendite e vincere la concorrenza di Alessandrini, Bepin consegna un gettone per ogni acquisto e ogni dieci gettoni un disco in omaggio. In tempo di San Remo, Cantagiro e Festival Bar il negozio è sempre pieno di giovani, ma si passa a salutare l’affabile Bepin anche quando i soldi non sono sufficienti per comperare un disco. Da ultimo, alla fine di via Negroponte, impera la ferramenta dei Manzoni. Da Manzoni si comprano chiodi di qualunque lunghezza e spessore a peso (anche pochissimi alla volta) e vengono incartati su pezzi di vecchi Gazzettini.
Torniamo indietro e più precisamente all’incrocio di via Smirne verso via Zara, troviamo il bar Sport. È’ un bar fumoso che noi bambine non possiamo frequentare, ma durante la buona stagione la macchina dei gelati è posta quasi all’esterno perciò, pur restando in strada, si può comperare un Fortunello o uno stick alla menta piuttosto che al lampone.
L’incrocio è tagliato da via Pietro Orseolo. Un tratto proviene dalla riviera e termina nell’angolo dove c’è l’edicola di Germana ‘la rossa’. Superato l’esavio prosegue verso il ponte di legno, un po’ prima sulla destra si trova l’osteria della famiglia di Santo Colussi. Ogni domenica Santo, trascinando la sua gamba, si posiziona davanti al Tempio Votivo e battendo con la mano aperta sul suo orologio da polso, incita ad entrare; “E’ taaadi, è taaadi”.
All’imbocco di via Orseolo - angolo via Tiro – il vigoroso Dante carica e scarica cassette sul piazzale del deposito di vini. Un tempo era sede di un dancing e il palazzone era un albergo, il Grand Hotel Italia. Data l’ampia mole ora è abitato da numerose famiglie. Punto di ritrovo pomeridiano è il doposcuola della maestra Vittorina Picco: “Te cavario quela testa che ti ga’ e te ne faria far una nova de legno da Bubini”. In tanti lo frequentiamo, un tavolo capiente ospita alunni di varie classi, ognuno deve fare compiti diversi dagli altri eppure Vittorina riesce a seguirli tutti.
Anche via Tiro è ricca di negozi, sullo stesso lato dell’ex Grand Hotel Italia, prima di un piccolissimo calzolaio, Sante gestisce una salumeria con prodotti di alta qualità. Mio nonno Eugenio compra da lui il prosciutto crudo che fa tagliare sottilissimo e togliere il grasso attorno. Il nonno, un burbero ex navigante armatore e commerciante, è molto esigente e goloso. Almeno una volta alla settimana, in stagione, arriva a casa sua ROSSI Romeo che gli porta i granzi pori. Romeo abita a Castello, la moglie e il figlio molti anni dopo rileveranno la tabaccheria di via Cipro gestita dalla famiglia Canonico: madre padre e Alfredino. Vendono dalle penne ai quaderni alla colla Coccoina nel suo barattolo di latta. D’estate (appoggiati in bella mostra all’esterno contro la ringhiera del giardino confinante) palette, secchielli e salvagenti sostituiscono i prodotti per la scuola.
Prima di arrivare da Canonico, quasi di fronte al negozio di Sante, la vera novità è l’apertura del laboratorio di pasticceria di Pilotta. I prezzi sono decisamente buoni così anche chi non ha molti soldi può comperarsi una ricca torta per il compleanno.
Eccoci di nuovo nel secondo tratto di via Tiro, prima di Canonico un’osteria e la latteria della PLIP. Poi una pulitura a secco e la merciaia dove mia nonna porta a rimagliare le calze. Sul lato opposto si susseguono un droghiere, un panificio, la macelleria di Panisson e un minuscolo negozio di ‘potacci’. Nel blocco successivo, uno accanto all’altro, ancora un droghiere, il fruttivendolo e la profumeria Violetta, nome assolutamente adatto sia al prodotto venduto sia alla espansiva padrona che ha un marcato accento del sud. Nel mezzo: l’elettricista Danieli negli anni sostituito dall’indimenticabile Sergio il bello, l’idraulico che fa sognare tutte le casalinghe. La trattoria con giardino è già chiusa, al suo posto aprirà la farmacia il dott. Sabbadin.
Sesta e ultima strada, via Aquileia. Sull’angolo con via Tiro Onesto Fiore conduce con i figli il negozio di frutta e verdura dove smercia anche prodotti coltivati nella fertile terra di Cavallino Treporti. Un tempo attraccava la sua barca nel canale di via Cipro e vendeva direttamente lì. In via Aquileia non ci sono negozi, alla fine si erge un condominio nuovo, fatto costruire da mio nonno Eugenio in accordo con l’architetto Belotto. Il nonno ha tenuto per la famiglia il blocco centrale, così al piano rialzato (dove oggi abito io) vive lui con la sua Antonietta, nostra nonna, bellissima donna dalla voce di soprano, sempre elegante. L’appartamento si affaccia verso la laguna, proprio davanti al distributore di benzina della PURFINA gestito da Bepi, Palmina e il loro figlio Valdino. Gli alberi del viale sono stati piantati da poco, così la loro terrazza è esposta in pieno sole (ancor oggi ci sono gli anelli per infilare i due ombrelloni). Ogni pomeriggio nonno Eugenio, nonna Antonia, nonna Maria (che abita nell’appartamento posto nel seminterrato con ingresso da via Foscarini) e la prozia Maria si scontrano a briscola. La prozia Maria è l’ultimo membro della famiglia che è venuta via dall’isola di Lussino, dove è rimasta ad accudire la madre fino all’ultimo. Per distinguerla dalle altre numerose zie Marie, è nota come ‘zia Maria della Titinia’, la zia Maria che viene dalla Terra ormai occupata dagli jugoslavi di Tito.
Il nonno ha regalato l’appartamento soprastante a sua figlia Eugenia che non vive a Venezia e l’ha affittato alla signora Gina Rumor, moglie separata di un registra teatrale con il quale mantiene ottimi rapporti. Lui viene a trovarla ogni volta che è a Venezia con la compagnia teatrale e si fa accompagnare da un attore, in quell’occasione lei ci invita per il caffè. Provate a immaginare cosa vuol dire per noi ragazzine conoscere Warner Bentivegna sul più bello che la TV sta trasmettendo Una tragedia americana.
Noi abitiamo gli ultimi due piani, in quello di sotto c’è lo spazio giorno e quello dei nostri genitori, mentre io e mia sorella abbiamo in pratica un appartamento solo per noi. Le nostre camere da letto si aprono su una grande terrazza (90 mq, + 20 laterali) che domina la laguna e controlla il dirimpettaio Collegio Navale Francesco Morosini, dove studiano i miei amori e alle 11 della sera il Silenzio fuori ordinanza ci fa sognare. A piano terra, in garage, la mamma ci ha messo il ping-pong per giocare con gli amici ed è divenuto un ritrovo ambito, dove risuonano le nostre risate al ritmo del tic tac della pallina che salta la rete.