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dei liberi pensatori

l'articolo sull'alcolismo mi ha richiamato alla memoria la mia esperienza.

Ad anni di distanza penso ad essa da molti punti di vista. Innanzitutto a quanto il problema sia insidioso; alla fatica che feci a prenderne consapevolezza nonostante la presenza di segnali fin dall'inizio del mio rapporto con questa persona che, dopo cinque anni di fidanzamento, divenne mio marito. E i segnali erano la presenza di un fiasco di vino sempre sulla tavola della sua famiglia; il fatto che quando veniva a trovarmi alla sera dopo cena e gli veniva messa davanti una bottiglia con un litro di vino, alla fine della serata era vuota; il fatto che ovunque andassimo, la sua prima preoccupazione era andare a comperare il vino; il fatto che ne beveva, come calcolai quando il problema divenne eclatante, circa due litri al giorno in casa probabilmente in aggiunta ad altri alcolici in aperitivi o altro durante la giornata.

Ma a un certo punto, invecchiando, il problema si manifestò in tutta la sua gravità per la famiglia, non per lui che non volle mai prenderne consapevolezza e che era convinto di essere in grado, se il problema c'era, di gestirlo da solo... e riusciva a controllare la sua dipendenza dall'acol per qualche mese e poi il problema si ripresentava.

Alla consapevolezza del problema mia e dei figli, ormai adulti, seguirono una serie di visite mediche e terapie di gruppo. Non aveva alcuna difficoltà a prendere farmaci ma alle riunioni di gruppo partecipò sempre malvolentieri e senza prendere mai la parola in presenza di qualche familiare per interrompere dopo pochi incontri la terapia dicendo che se la sarebbe cavata da solo... e l'astinenza durava qualche mese. Fece eccezione una terapia con un gruppo gestito da una brava signora, che aveva cominciato ad occuparsi del problema per e attraverso alla madre. Nessuno della famiglia prese mai parte a questi incontri, dove egli, che sapeva farsi stimare e benvolere, fece un'impressione così positiva che la coordinatrice del grauppo si ritirò e ne lasciò a lui la responsabilità che... ahimè! in breve tempo fece naufragare tutto.

Nessun estraneo si accorse mai del suo problema perché era un uomo con una buona posizione sociale e cultura, socievole, elegante, con una bella famiglia, che proteggeva la sua immagine perché significava proteggere la propria.

Ma una sera organizzai una cena con amici in un locale importante... e lui già all'inizio della serata, con gli aperitivi, si ubriacò talmente che faceva fatica a reggersi in piedi e gli veniva da vomitare e allora uno degli amici, con pazienza e comprensione, lo accompagnò nel parco del ristorante per fargli prendere aria e aiutarlo a riprendersi ma un altro tolse il saluto anche a me e non volle uscire mai più con noi.

E mi vengono alla mente con disagio e tristezza le innumerevoli giornate di festa con la famiglia allargata per le ricorrenze liturgiche ma anche i Battesimi, le prime Comunioni, le Cresime, i matrimoni quando, sempre, impegnata nel ruolo di padrona di casa che cucina, serve in tavola, sparecchia, conversa e quindi nell'impossibilità di controllare quel che beveva... e faceva in modo di disporsi a tavola lontano da me, finiva immancabilmente con l'ubriacarsi. E anche in questi casi qualcuno se ne accorgeva e guardava con commiserazione lui e ancora più me. Per non parlare delle occasioni di pranzi o cene ufficiali e in locali pubblici quando, all'inevitabile ubriacatura seguiva il ritorno a casa. Non essendo naturalmente in grado di guidare, io lo lasciavo appoggiato da qualche parte – ancora mi pare di vederlo – andavo a prendere l'automobile e, dopo averlo fatto salire, spalancavo i finestrini nella speranza che l'aria gli facesse passare almeno parte dell'ubriacatura fino a casa, perchè poi c'era l'incubo dei molti gradini per raggiungere il nostro appartamento in una casa senza ascensore standogli dietro e sperando che non mi rovinasse addosso. 

 

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