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di Carmen Palazzolo

Il paese di Cherso, oggi Cres, è il capoluogo dell’omonima isola dell’alto Mar Adriatico, la più grande di quella zona, di poco maggiore della vicina isola di Veglia (Kerk). La sua storia è romano veneta fino alla fine della Seconda Guerra Mondiale quando, a seguito del Trattato di Pace stipulato a Parigi nel 1947,  è stata ceduta alla Jugoslavia.

L’erronea storia del patrono di Cherso, che è un Sant’Isidoro, che mi è capitato di leggere su un calendario, mi induce a scrivere la sua vera storia, da sempre circolante a Cherso, perché di Sant’Isidoro ce ne sono tanti, anche martiri, ma solo uno fra essi sembra essere, secondo gli studiosi, il patrono di Cherso. Riporto dunque questa storia, che è stata pure appena pubblicata sulla bella rivista culturale internet “Opinioni Nuove Notizie” del dicembre 2022, pag. 45 e 46.

 

Sant’Isidoro patrono di Cherso capoluogo
Ma si tratta di quello di Chio o di quello di Antiochia?

Il dubbio è giustificato perché ci sono diversi Sant’Isidoro, anche martiri, e nemmeno gli studiosi sono tutti d’accordo su quale dei due sia il patrono della cittadina. Luigi Tomaz, lo studioso di Cherso più recente, ritiene che egli provenga da Chio, non si pronuncia invece Nicolò Lemessi, mentre don Matteo Fillini ritiene che si tratti del Sant’Isidoro di Antiochia e, a giustificazione della sua affermazione, ne Le chiese minori di Cherso porta il fatto che così si esprimono il Martirologio romano, La Biblioteca Sanctorum dell’Università Lateranense e l’opera Officia Propia Sanctorum ad usum cleri Civitatis et Diocesis Veglensis in uso del clero e della diocesi di Veglia.

Io accetterò l’interpretazione più recente, cioè quella di Luigi Tomaz.

Secondo il Tomaz fu il doge Domenico Michiel che, nel 1125, passando dall’isola di Chio con la sua grande armata vincitrice, al ritorno dalla sua Crociata in Terra Santa per la Santa Fede e l’allargamento dei commerci veneziani, tolse dal suo sepolcro e imbarcò su una delle sue navi il corpo di Sant’Isidoro per dargli, secondo lui, più degna sepoltura a Venezia, che stava diventando una metropoli e raccoglieva nel mondo, attraverso ai suoi rappresentanti, tesori che ne illustrassero la grandezza. Durante il viaggio, i resti del martire fasciati in preziosi drappi orientali venivano esposti in ogni porto, mentre a Venezia si preparava per accoglierlo una nuova cappella nel transetto sinistro della Basilica di S. Marco. Questa, nel 1355, venne rivestita di mosaici raffiguranti lo sbarco del doge Michiel a Chio, il prelievo del corpo del martire dal suo sarcofago e il suo arrivo a Venezia oltre a scene della vita e del martirio del Santo, che occupano la metà meridionale della volta a botte della cappella e la parte sottostante. Assieme alle scarne notizie scritte su di lui contenute nel Passionario romano, nel Leggendario di Pietro Calò e nel Catalogo dei Santi di Pietro Natali, i suddetti mosaici costituiscono le sole notizie esistenti sulla vita e il martirio di questo santo. Benché la narrazione scritta e quella iconica non siano sempre coerenti esse sono le uniche che possediamo su di lui. Io mi atterrò a quanto dicono i mosaici della cappella di Sant’Isidoro della Basilica di S. Marco di Venezia. Secondo essi Isidoro era un milite di Alessandria vissuto all’epoca dell’imperatore Decio Flaminio (249/251 d. C.), che giunse a Chio assieme al compagno Amenio a seguito di un ordine di reclutamento dell’imperatore Decio Flavio. A Chio Isidoro incontrò delle male femmine, si convertì al Cristianesimo e le battezzò, incontrò il demonio, venne condotto dinnanzi al prefetto Numeriano cui seguì il martirio, che consisté nel supplizio del fuoco, cui seguì il trascinamento del corpo da parte di un cavallo e infine la morte per decollazione avvenuta, secondo la tradizione agiografica, durante l’impero di Decio (250/251 d. C.).

A questo punto è giustificato chiedersi come mai questo santo, il cui corpo era stato depositato a Venezia, fu scelto dagli antichi chersini come patrono del paese. L’ipotesi di Tomaz è che anche a Cherso il corpo di Sant’Isidoro sia stato esposto alla venerazione del pubblico durante il viaggio trionfale del doge Michiel e che ai semplici paesani del tempo ciò fosse sembrato provvidenziale o che egli fosse stato proclamato patrono del paese dall’Arengo Generale durante il governo del figlio del doge Michiel e sotto l’influenza della notorietà di cui questo doge godeva nella Repubblica di Venezia a quel tempo.

Quanto al suo corpo, non è chiaro se fu mai trasportato a Cherso dalla cappella costruita a Venezia per lui, ma sembra di no, benché nel duomo di Cherso, nella ricorrenza della sua celebrazione, il 2 gennaio, vengano tuttora esposti alla venerazione del pubblico i resti di un Sant’Isidoro, che non è però né il Sant’Isidoro di Chio né quello di Antiochia ma appartengono a un Sant’Isidoro martire romano, proveniente dalle catacombe di San Calepodio, oggi di San Cipriano, che furono portate a Cherso il 4 ottobre 1661 da Claudio Avagadro, conte capitano del tempo, che li aveva ricevuti dal reverendo padre Jacopo Drasa, teologo e Guardiano del convento di S. Nicolò di Venezia, che li aveva a sua volta ricevuti dal bergamasco Giovanni Suardo, al quale erano stati donati dal vescovo di Alatri Alessandro Vitricio nel 1660.

Quando Cherso proclamò Sant’Isidoro suo protettore, vi fu subito costruita in suo onore una chiesetta in stile romanico. In seguito la chiesa fu ampliata e la facciata fatta avanzare e riedificata in stile gotico. Nonostante il suddetto ampliamento, non poté più rispondere alle esigenze della cittadina quando essa, dopo il decadimento di Ossero e il trasferimento in essa degli organi religiosi e del potere, assurse a nuova importanza e la sua popolazione divenne più numerosa. Oggi di quella chiesetta non rimane che l’abside esterna e i due quarti di tozze colonne angolari sugli spigoli della facciata oltre alla campana con la firma del fonditore, che cita: Magister Nicolaus me fecit.

Per rispondere alle nuove esigenze della cittadina fu costruito nel XV secolo il duomo di S. Maria Maggiore. Alla vecchia chiesa rimase il compito, il 2 gennaio, nella ricorrenza della celebrazione della festa del patrono Sant’Isidoro, di segnare l’inizio dell’attività annuale del Consiglio della Magnifica Comunità di Cherso. In questa chiesa entravano inoltre i consiglieri per la preghiera comune prima delle sedute del Consiglio, il che attesta la loro fede ma anche il significato profondo che avevano per loro i santi patroni.

 

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