Recensione di Anna Piccioni
A volte leggendo un nuovo romanzo si scoprono fatti storici che spesso i libri di Storia nemmeno citano. Così è successo con questo romanzo di Ruta Sepetys, che racconta la tragedia dei Lituani deportati in Siberia fino al Polo Nord attraverso un viaggio di 400 giorni.
La sera di quel giugno del 1941 l'NKVD, la polizia segreta sovietica, bussò: ”Non fu un bussare. Fu un rimbombo cupo e insistente che mi fece sobbalzare sulla sedia. Dei pugni battevano sulla nostra porta d'ingresso”. L'Armata Rossa aveva annesso la Lituania all'Unione Sovietica dall'estate precedente. Gli Agenti diedero 20 minuti per prepararsi. La madre sollecita i figli a prendersi poche cose lo stretto necessario, importanti sono le scarpe e le calze e un cappotto, anche se sono in giugno. Prima di seguire gli agenti la madre distrugge tutti i suoi preziosi servizi di porcellana e di cristallo. Lina riesce a metter nella sua valigia un blocco di carta, l'astuccio di penne e matite, che le saranno utili per documentare con i suoi disegni i luoghi le persone la disperazione. La mamma sotto gli occhi degli agenti si porta via il cappotto nella cui fodera la sera prima, immaginando che tra poco sarebbero venuti a prenderli, aveva cucito argenti gioielli documenti.
La storia è narrata da Lina, ragazzina di 15 anni, che assieme alla mamma e al fratellino Jonas, il padre è assente, già catturato perché Rettore dell'Università, vengono brutalmente fatti salire su un camion senza sapere né perché né per dove né per quanto tempo.
Nel loro lungo viaggio si troveranno a vivere in campi di lavoro, in baracche fatiscenti, a condividere con gli altri quel poco cibo che riescono a metter insieme, a sopportare il freddo siberiano; solo la speranza e la dignità aiuteranno Lina a sopravvivere e a ripromettersi che un giorno quando tutto quell'incubo sarà finito onorerà per mezzo dell'arte e della scrittura la sua famiglia e tutti quelli che sono sepolti in Siberia.
La storia narrata da Lina è uguale a tante Storie che altri popoli hanno subito: deportazioni, genocidi; in guerra sono gli indifesi, la gente comune che paga la prepotenza dei Signori della guerra. La prepotenza di chi in quel momento si sente vincitore e deve umiliare e distruggere il vinto. In realtà non si rendono conto, i Signori della Guerra, che i vinti sono loro, perché non si potrà mai cancellare la speranza, la dignità, la forza di rinascere dell'Umanità
“Avevano spento anche la luna” di Ruta Sepetys ed Garzanti