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dei liberi pensatori

Dalla prefazione di Dario Mattiussi

Silva Bon, in questa sua nuova fatica, La luce dentro le tenebre. Storie di giusti e di salvati tra Venezia Giulia e Veneto Orientale, ci regala molto di più di un bel libro.

Tra le testimonianze raccolte nel volume dovremmo inserire anche la sua. Nel ricostruire il lento e difficile procedere della memorialistica e della storiografia della Shoah, a partire dagli anni Sessanta, Silva Bon, oggi sicuramente la voce più autorevole e nota tra gli studiosi della persecuzione antiebraica al Confine orientale, ci rende partecipi anche del suo personale percorso di ricerca e di vita. 

Abbiamo così la possibilità di comprendere la sua capacità di rapportarsi con il mondo ebraico in termini che lei stessa definisce “quasi interni”, l’esigenza interiore che l’ha spinta a raccogliere senza soste testimonianze, “storie di vita” che sono diventate parte del suo essere, fonte di confronti e interrogativi anche dolorosi e stimolo alla crescita personale. 

Anche per lei l’iniziale reazione di rifiuto di fronte all’orrore della persecuzione si è tramutata nel tempo nel bisogno di sciogliere l’irrazionalità apparente dell’evento: far conoscere realtà di vissuti umani percorsi al limite e oltre il limite; valorizzare l’individuazione di “sommersi” e di “salvati”, fino a teorizzare “attraverso un processo di lento assorbimento delle sofferenze collettive” e di riflessione personale il dovere della memoria.

La diffusione della conoscenza di ciò che è stato è per l’autrice un bisogno primario e a questo bisogno risponde anche la volontà di ricordare uomini e donne, non ebrei, che hanno teso una mano al “diverso” nel momento di maggiore difficoltà, persone che hanno avuto il coraggio di disobbedire all’autorità per obbedire invece alla propria coscienza.

Sono questi i “Giusti” di cui parla nel libro. Persone, non eroi, capaci di agire nel nome della solidarietà umana, di una propensione al bene che è propria dell’essere umano almeno quanto l’odio per il prossimo.

Il “fare” dei “Giusti”, dei quasi quattrocento “Giusti d’Italia” proclamati dallo Stato d’Israele (sono diciassettemila in tutta Europa) costituisce l’immagine migliore che il nostro paese può opporre alla viltà della persecuzione, al conformismo, all’abitudine alla violenza nei confronti del diverso che sono stati parte innegabile del nostro lungo viaggio collettivo attraverso la dittatura fascista. È giusto ricordare che accanto alle migliaia di denunce anonime, alla spoliazione dei beni ebraici, al non voler sapere di tanti c’è stato anche l’agire in nome della solidarietà di Adele Zara, Gino e Rina Selvi, don Domenico Masi, padre Antonio Brunicci, monsignor Giuseppe Placido Nicolini, lo stesso monsignor Antonio Santin, Alessandro e Luisa Wiel, Bruno e Raffaele Mugnaioni, Francesco del Cornò, Feliciano Ricciarelli, Calogero Pisciotta, Rodolfo Oliva, Americo Massimi, Giacomo Agapito, Arrigo Jasbetz, Emilia Giorgini, Umberto Di Bin, Guglielmo Giordani, Giorgina De Nicolò, Alberto Gruden, Bruno Gerloni, Emilia Spagnul, Gilberto Strauss, Pierini Corsi Gregorin, Luigi e Antonietta Strazzabosco.

Sono i “Giusti” di cui si parla nel libro, senza retorica e senza indulgere all’agiografia.

Possiamo e dobbiamo ringraziarli assieme ai testimoni che hanno voluto raccontare il loro agire, così come dobbiamo ringraziare Silva Bon per averci permesso di ritrovare una luce di speranza anche nelle tenebre degli anni più bui della nostra storia.


Il volume è stato pubblicato dal Centro Isontino di Ricerca e Documentazione Storica e Sociale di Gradisca d’Isonzo, del quale l’Autrice è la presidente e una ricercatrice fin dalla sua fondazione, e che abbiamo l’onore di avere fra i collaboratori del nostro blog.

 

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