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Il 14 settembre si ricorda la data della morte, nel 1321, di Dante Alighieri, che Luciana Melon celebra con l'interessante scritto che segue.

Dante in Istria

di Luciana Melon


C'è un interessante articolo di Francesco Semi che riguarda il soggiorno di Dante in Istria: lo troviamo in Pagine Istriane, Anno X, n. 38 dicembre 1959, pagg.22-28.
Partendo da considerazioni storiche e citando documenti riguardanti gli anni intorno al 1308, troviamo la lista delle città o cittadine che all'epoca contavano di più: leggiamo a pag. 22: “ ... Trieste, libero comune dal 1295; Capodistria, già libero comune, sottomessasi a Venezia nel 1278 (le si ribellerà nel 1348); capoluogo della provincia veneta dell'Istria, denominata nei documenti con l'antico nome di Giustinopoli; Pirano, datasi a Venezia nel 1271; Parenzo, datasi a Venezia nel 1267, prima fra le cittadine della costa adriatica orientale; Pola, già libero comune, dal 1305 sotto la signoria della famiglia Sergi-Castropola fino al 24 maggio 1331, poi sotto Venezia.”. Questa lista viene fatta per introdurre la tesi dell'arrivo in Friuli ed in Istria dei cittadini toscani benestanti che furono cacciati con i bandi del 1303 e del 1311. Non elencherò tutte le vicissitudini e le guerre che portarono ad un impoverimento dell'economia dell'Istria, ma rilevante rimane il fatto che la ricchezza di tutta l'Istria nel secolo XV fu influenzata dall'arrivo di questi generosi toscani che furono mercanti e banchieri. E qui Semi elenca motivazioni e personaggi che potrebbero aver avuto rapporti con il sommo poeta. Ne ricordo soltanto alcuni: i Soldanieri, famiglia di banchieri che nel 1299 si trovavano ad Udine e subito dopo aprirono una filiale a Capodistria. E si legge a pag 23- 24:”...il quale Tignoso era stato, come si sa, uno dei compagni di Dante durante la persecuzione compiuta dai Neri, nei primi tempi del suo esilio. Tignoso si recava spesso a Capodistria a visitare i figli ...”. Anche la famiglia Malaspini approda in Istria; un componente si sposa a Capodistria con la figlia di un altro banchiere toscano, ed ancora la famiglia Scolari che dopo aver fondato una banca a Gemona aprì una filiale a Capodistria. Sempre qui, la famiglia Tedaldini aprì un commercio di tessuti; altra famiglia è la Ristori che fondò una banca a Pirano (1337). Verrebbe da pensare che una tale affluenza di cittadini fiorentini o toscani in Istria non potrebbe non aver stimolato il desiderio, e la necessità, di Dante di soggiornare presso famiglie amiche. Ed a pag. 24 troviamo una vera e propria rivelazione:” .. ecco il documento del 4 ottobre 1308. Esso è nel Liber II Jurium Episcopalium dell'Archivio vescovile di Parenzo, a carta 26. Tale documento s'inizia così: “... Parentii, sub logia nova, presentibus dominis Danto tuscano habitatori Parentii, Antonio Peio, Aprile e Philippo preconibus civitatis Parentii et aliis..” ” dove chiaramente Dante toscano fece da testimone in una causa. Non siamo certi al cento per cento che si trattò di Dante Alighieri, ma dobbiamo prendere in considerazione il fatto che attorno all'anno 1302 fu verosimilmente scritto il canto IX dell'Inferno in cui si nomina Pola. Partiamo con una breve analisi storico-letteraria
de: Inferno, canto IX, vv. 112-114:

«Sì come ad Arli, ove Rodano stagna, sì com' a Pola, presso del Carnaro, ch'Italia chiude e suoi termini bagna».

Sappiamo che Dante per dare maggior credibilità alle sue descrizioni usò paragonarle a situazioni coeve, e così citò la necropoli di Arles in Francia, ben nota ai suoi contemporanei, ma anche Pola, sconosciuta all'epoca.

Afferma Semi a pag. 25:”... in cui si parla di Pola, del “loco varo” (v.115) con tanta precisione quale difficilmente potrebbe usare chi quel luogo non avesse visto. E mi par di potere aggiungere ...che la precedente espressione “grande campagna” del c.110 corrisponde esattamente alla denominazione del luogo fuori Pola: pra' grande tramandata dal lontano medioevo fino ai nostri giorni.” Inoltre nella tradizione orale rimane il ricordo del soggiorno di Dante presso l’abbazia benedettina di San Michele in Monte che si trovava proprio sopra Prato Grande, il luogo sede della necropoli oggi scomparsa. E come dimenticare le nostre grotte carsiche (Postumia, San Servolo ecc.) che con i loro meandri oscuri avrebbero potuto perfettamente ispirare alcuni passaggi delle infernali scene dantesche. Ed ancora a pag.28: ”Il monte Tambernich o Tabernich (Inferno, XXXII,28) non può essere che lo Javornich (già il Kandler lo aveva dimostrato) tra Postumia e il famoso lago

intermittente di Cirknica, la palus Lugea degli antichi, che d'inverno gela ed ha di vetro e non d'acqua sembiante (Inf.. XXXII,24) ... E il dosso d'Italia (Purg. XXX,86) non può essere l'Appennino, come certi commentatori vogliono, per il fatto che ivi non giungono gli effetti dei venti schiavi (verso 87) che lo farebbero gelare; ma sono le Alpi Giulie, che riparano l'Italia dai venti freddi del nord-est, i quali venendo dalla Schiavonia, sono i venti schiavi.”

E per concludere vengono poi riportate varie congetture e notizie sui possibili soggiorni di Dante in Friuli ed in Istria, ospite di questo o quell' amico o concittadino, tutte ipotesi molto suggestive circa la presenza del sommo poeta Dante in Istria, nella seconda metà del 1308.

 

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