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Recensione di Silva Bon

         Don Vincenzo Mercante continua a lavorare attivamente, impegnandosi nella saggistica, nella produzione di opere storiografiche e nella narrativa socio-religiosa, conseguentemente con i riconoscimenti ricevuti nel 2008 e nel 2011: quando rispettivamente l’Associazione letteraria “Salotto dei Poeti” gli ha conferito il Primo Premio straordinario Golfo di Trieste, e successivamente un Premio Speciale.

         Recentissimo, questo suo libro incentrato sulla figura e sulla personalità del cardinale Mindszenty, Primate d’Ungheria, parla della lotta di tutto il popolo ungherese contro l’ideologia nazista, e quindi contro l’ideologia comunista, fino alla drammatica rivolta di Budapest del 1956, e oltre, fino alla caduta del comunismo reale nel 1989.

 

         Tutto il vissuto del cardinale si esplicita nella lotta contro l’ateismo di stato, imposto dai regimi comunisti così in Ungheria, come negli altri paesi dell’Europa Orientale, posti sotto l’influenza della Russia, dopo la spartizione susseguita al Trattato di Yalta nel 1945; esso prevede le zone di controllo che hanno diviso il mondo in Blocchi di potere. Del resto il significato e le conseguenze della cortina di ferro, noi, a Trieste, le conosciamo bene!

         La struttura dell’opera di don Vincenzo Mercante è molto lucida, chiara, didascalica: parte dalla rivisitazione delle decine di migliaia di vittime cattoliche, morte in odium fidei nel XX Secolo, per passare all’introduzione dei tratti salienti della storia magiara, legandola ai passaggi significativi e ai simboli nazionali della fede di un popolo posto fin dal X secolo dai papi di Roma a baluardo cattolico contro il contiguo mondo pagano e islamico. 

         Dopo questa necessaria premessa e contestualizzazione l’Autore dà inizio alla messa a fuoco del cardinale Mindszenty, qui ovviamente protagonista della ricerca storica, iniziando dalla descrizione degli anni giovanili del brillante sacerdote e pastore zelante, e ripercorrendo l’ascesa a responsabilità sempre più importanti e significative.

         Quando l’Armata Rossa impone il nuovo regime comunista in Ungheria, il cardinale si oppone con tutte le sue forze e la sua volontà, in una sfida nettamente impari contro il potere dominante. Lui viene torturato, condannato all’ergastolo a Kobànya. Dopo lo spiraglio di libertà rappresentato dalla rivoluzione di Budapest nel 1956, trova rifugio, quasi “prigioniero” nell’ambasciata americana. Muore nel 1975 a Vienna, in forzato esilio per dare la possibilità di piena attuazione della ostpolitik vaticana.

         Don Vincenzo Mercante fa riferimento ad un’autorevole bibliografia storiografica, ma si sofferma più ampiamente sulle “Memorie” che lo stesso Mindszenty scrive e pubblica in lingua tedesca a Vienna nel 1974, poco prima di morire: così l’Autore dà voce alla forte, orgogliosa, combattiva personalità del Primate, chiedendosi però giustamente se “Scrivendo le proprie memorie è possibile attenersi alla verità dei fatti? Quale il senso di obiettività? Non è facile la risposta”.

         Ancora una volta il bisogno di uno sguardo rigoroso ed equilibrato al passato, pone l’Autore di fronte a un dilemma deontologico e scientifico per uno storico: la materia incandescente e ancora viva oggetto dello studio in questo libro merita una onesta precauzione e preoccupazione.

         Ben vengano dunque lavori come questo che don Vincenzo Mercante firma, perché c’è spazio e bisogno di operazioni culturali oneste, dalla visione coerentemente dichiarata.

 

Vincenzo Mercante

Il cardinale Mindszenty e la rivolta di Budapest del 1956

Luglio Editore, Trieste 2019

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