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dei liberi pensatori

L'amore di Elena Blancato verso il mondo sloveno, in particolare verso il mondo sloveno del Carso, affiora tutto in questo suo ultimo lavoro Il Carso e le sue donne. 

Qui le protagoniste sono appunto le donne, forti e leggere al tempo stesso; ma anche gli uomini che le affiancano, e la natura intorno rigogliosa e splendente, e gli animali fonte di ricchezza, sono figure centrali, vive, mosse; essi prendono corpo e peso all'interno dei racconti che compongono il libro, hanno una loro anima, un carattere, una personalità.

La narrazione unitaria è ambientata a cavallo tra fine Ottocento e inizi Novecento. La città, Trieste, appare in lontananza, sullo sfondo, distante e raggiungibile con fatica dopo aver percorso lunghe strade sterrate ... la città con i suoi abitanti esigenti, affaccendati, sempre tesi in nuovi affari, ma capaci di apprezzare la bellezza dei narcisi sbocciati a Prosecco, che vengono venduti nella piazza di Ponte Rosso; e ancora la perfezione del lavoro delle lavandaie del Carso che lavano i panni alla fresca e pulita acqua delle sorgenti e li sbiancano con la cenere.

Il mondo descritto da Elena Blancato è pieno di poesia, si tratta proprio di una revêrie, nonostante la descrizione della durezza della fatica quotidiana che le donne affrontano nelle loro semplici vite, con determinazione ma anche con serenità.

E proprio questa è la nota che traspare dalla scrittura del testo, una sorta di pacatezza, un dolce movimento ondulatorio, dai ritmi rallentati, misurati sul tempo e sul passaggio delle stagioni, così le stagioni dell'anno come della vita. Le protagoniste incarnano l'accettazione di un destino operoso, costruito su valori tradizionali, pieno di amore per i propri familiari, per l'uomo scelto con cui condividere il futuro, per la comunità corale del paese che accoglie e protegge, per gli animali, grandi e piccoli che, accuditi e allevati con cura, contribuiscono al benessere economico.

Le tradizioni popolari del popolo sloveno che abita il Carso da Contovello alla Val Rosandra, tutto il ciglione, l'altopiano che circonda Trieste, sono descritte con attenzione, con cura dei particolari, con una dettagliata rivisitazione, che parte dalla documentazione oggettiva restituita in bibliografia nelle Note finali per il lettore.
Alcune pagine di questo libro fanno pensare a Paulo Cohelio, a un mondo fermo, incantato, dolce, senza increspature, rasserenato, nonostante il contrasto stridente delle esperienze stressanti: è l'ambientazione delle descrizioni, il vagheggiamento di una visione idilliaca, nonostante il quadro realistico delle difficoltà materiali affrontate dalla gente che abita il Carso, dalle sue donne in particolare.

La lotta dura per la sopravvivenza, da cui deriva anche la povertà economica, è sublimata dalla ricchezza dei sentimenti, di buoni sentimenti. Le poche punte aspre, di incomprensione, di sofferenza, di invidia o di depressione, sono anch'esse presentate in modo che il lettore le possa interpretare con tolleranza, con comprensione umana, quasi con benevolenza.

I racconti, anche se sono sono tutti documentati fin nella precisa descrizione delle vesti, delle acconciature femminili, sembrano delle dolci narrazioni fiabesche, che colgono il trionfo della natura e del mondo animale in mezzo a cui si muovono leggiadre e sognanti fanciulle, donne dai fermi principi, figure femminili di spessore e di valore.

Lo stupore ingenuo e incantato dello sguardo di Elena Blancato verso le donne che popolano il mondo del Carso commuove il lettore, che ne rimane affascinato, coinvolto totalmente e la sua mente e il suo cuore si aprono al sorriso.

 


Elena Blancato, Il Carso e le sue donne, Talos Edizioni, Cosenza 2017, pp. 77

Recensione di Silva Bon

 

 

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