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dei liberi pensatori

di Giorgio Ledovini

Nell'allegato "La Lettura" al Corriere della Sera del 12/12/2021 c'era un articolo, firmato da Roberto Volpi, sulle stime pubblicate dall'Istat riguardo alla previsione di popolazione nel nostro Paese nel 2070. E' un argomento molto interessante sia per i numeri che vengono presentati che per il loro significato e le indicazioni che essi possono dare, non solo agli studiosi di demografia, ma anche ai mondi politico ed economico. Premetto che essi dovrebbero soprattutto dare qualche preoccupazione all'area principalmente preposta alla gestione del nostro futuro, cioè la politica, per i risvolti di carattere sociale che potrebbero derivarne.

Sostanzialmente si prevede per il 2070 una riduzione della popolazione italiana,rispetto al 2020, di circa 12.000.000.- di abitanti, per un totale di 47.600.000.- Questa valutazione è stata ottenuta dall'ipotesi che si mantengano negli anni i seguenti principali fattori nella tendenza attuale: saldo negativo del rapporto nascite/morti (che nel 2020 è stato di 335.000 unità) ed un apporto di nuovi flussi migratori (si prevede di raggiungere nel 2070 un maggior numero di circa 6.500.000.- stranieri). Queste previsioni sono inoltre aggravate dal fatto che dovrebbero verificarsi con un'accentuazione del divario tra l'Italia del Nord e quella del Sud, con le seguenti riduzioni parziali di popolazione:12% al Nord, 18% al Centro e 33% al Sud. Detto divario sarebbe dovuto essenzialmente all'immigrazione interna Sud-Nord ed ad una previsione di scarsa natalità anche al Sud (che già si sta verificando, contrariamente alla tradizionale prolificità di questa regione).

Non sembra che siano chiare, né agli studiosi di demografia ed economia, né tanto meno ai politici, le conseguenze che questo andamento demografico potrebbe avere per il nostro Paese. Certamente con l'aumento del rapporto anziani/bambini (previsti nel 2070: 150 anziani di 80-89 anni contro 100 bambini di 0-9 anni) si avrà nel tempo un aggravio delle spese sanitarie ed assistenziali rispetto alle risorse produttive. Ritengo inoltre, da inesperto, che tutto il sistema economico, nazionale ed internazionale (soprattutto se si pensa che un analogo fenomeno si potrebbe avere anche in qualche altro paese europeo) potrebbe subire un'alterazione dagli effetti incogniti.

A questo punto sorgono degli interrogativi sia sulla validità delle previsioni Istat che su quanto il mondo politico che ci governa ritiene di doverne tener conto nella propria visione del futuro. Per quanto riguarda il primo punto va evidenziato che l'Istat è un "ente pubblico di ricerca" e "principale produttore di statistica ufficiale" che opera attuando le direttive nazionali ed europee nelle elaborazioni statistiche. E' quindi un ente istituzionale autorevole che garantisce una certa affidabilità nei prodotti che emette, anche se, per loro natura, queste previsioni, essendo soggette ad essere influenzate da tanti fattori, non sono mai garantite pienamente. E' un fatto poi che la politica ha sempre ignorato previsioni a lunga scadenza come queste; lo dimostra ad esempio il debito pubblico che abbiamo accumulato nel tempo non per un difetto di garanzia nei numeri ma perché il mondo della politica preferisce operare alla giornata, curando i problemi più o meno reali che hanno una visibilità evidente, che è il modo più immediato e sicuro per la sopravvivenza dei singoli partiti e dei "benefici di classe" di chi vi fa parte come proprio lavoro. Un esempio eclatante di questo errato modo di operare è dato dal problema dell'immigrazione. Da un lato c'è l'esaltazione e la falsificazione del problema con l'invenzione di una necessità di sicurezza non rispondente alla realtà, dall'altro si ignora o si finge di ignorare che oggi nella popolazione italiana ci sono circa 6 milioni di persone di origine straniera che contribuiscono al Pil per circa il 7-8%.

In conclusione direi che è illusorio sperare che sappia guardare al futuro una politica incapace di leggere bene la società attuale; il risultato è il rischio di un aggravamento dei problemi per le generazioni che ci seguiranno.

 

Trieste,gennaio 2022

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